Lettera di un maturando

Nel corso della cerimonia di chiusura della X edizione de La Notte nazionale dei Licei la studentessa Silvia Guichardaz della III bilingue ha letto il "saluto di un maturando" che lei stessa ha scritto: 

Sono partita cinque anni fa per un lungo viaggio che mi avrebbe cambiato la vita.

5 anni di passioni, e talora patimenti, tanto da sembrare almeno dieci... non si dice in fondo che il tempo per amare dilata quello per vivere?

Insieme al miei compagni di equipaggio dai multiformi ingegni abbiamo conosciuto le città e le menti di molti uomini, viaggiando tra le pagine della letteratura.

Abbiamo affrontato insieme le tempeste più insidiose: prima la pestilenza e poi i suoi strascichi pandemici, ma non eravamo mai soli: c’era sempre una luce che ci mostrava la via, una guida come Virgilio che ci accompagnava nelle profondità dell’esistenza.

Così abbiamo seguito virtute e canoscenza; ci siamo spinti fino alle colonne d’Ercole del sapere per poter comprendere noi stessi e il mondo che ci circonda.

Abbiamo pianto per la morte di Ettore insieme a suo padre Priamo, abbiamo accecato il Ciclope con Odisseo, e portato in spalle Anchise come Enea, scoperto che cosa vuol dire amare, soffrire, perdersi.

Abbiamo dialogato con Socrate alla ricerca della verità e siamo rimasti stupiti nello scoprire che l’essere umano in fondo è sempre lo stesso, non importa quanti secoli siano passati o come sia cambiata la società.

Ci siamo tuffati nel passato per comprendere il presente ed apprezzarlo, noi eravamo presenti quando l’esercito delle poleis greche ha sconfitto i Persiani alle Termopili.

Come Ulisse abbiamo patito dolori nel cuore, trascorso lunghe notti a studiare al chiaro di Luna, unica speranza quella di riuscire a memorizzare qualche verso in greco. Ma il giorno dopo eravamo lo stesso pronti a ridere e scherzare in classe, a vivere moments of being, momenti di esistenza.

Abbiamo innalzato canti rituali nella speranza di non essere interrogati, capito che la matematica non sarebbe mai stato il nostro mestiere e compreso l’espressione che il greco antico apre la mente.

Ci siamo ritrovati sul lettino di Freud per farci psicanalizzare. Ci ha aiutato a comprendere i nostri traumi, abbattendo il muro delle poche certezze che avevamo.

Altre volte invece ci siamo sentiti un po’ come l’albatros di Baudelaire, fuori posto nel mondo reale, prigionieri delle convenzioni, impossibilitati a prendere il volo e a rifugiarci nell’Azzurro.

Quest’Odissea ormai è giunta al termine. Riusciamo a intravedere in lontananza i contorni di Itaca. Siamo quasi giunti e, una volta arrivati, potremo riposarci, consapevoli però che presto salperemo per un nuovo viaggio. E come Ulisse sulla spiaggia di Calipso, quando rivolgeremo lo sguardo verso il mare di ricordi, piangeremo dolci lacrime di nostalgia rimembrando i cari incontri.

Chissà che cosa la sorte ha in serbo per noi e per voi. E voi che verrete dopo di noi, abbiate il coraggio di salpare con questa nave veloce verso terre incognite e fascinose e lasciatevi cullare dal canto ipnotico del mondo antico che vi chiama a conoscere voi stessi e ad amare l’umanità.